Ragazza con le mani sul viso.

Come liberarti dal senso di colpa

Quanto il senso di colpa limita le nostre vite e il nostro successo

Come cercare di comprendere la psicologia dietro senso di colpa per liberarsene e usare al meglio le nostre potenzialità?

Il colore del senso di colpa

Se dovessi assegnare un colore al senso di colpa sarebbe il nero, ma non il nero della notte, quello più buio, quello descritto da Kandinskij come un nulla senza possibilità, come un silenzio senza avvenire che risuona internamente.

Infatti, contrariamente a ciò che si dice, penso che il senso di colpa non faccia rumore nella nostra anima, che non sia una voce che urla nelle nostre orecchie, ma piuttosto una mano con dita affusolate che passa le giornate a stringerci il collo, fino a lasciarci senza voce e senza fiato. Un silenzio senza avvenire.

Ma che cos’è il Senso di Colpa?

In psicologia il senso di colpa è un sentimento umano che, collegato alla colpa, intesa come il risultato di un’azione o di un’omissione che identifica chi è colpevole, reale o presunto, di trasgressioni a regole morali, religiose o giuridiche, si manifesta a chi lo prova come una riprovazione verso sé stessi

In psicologia, il senso di colpa può essere distinto in due differenti tipologie: altruistico e deontologico.

Spesso questi due tipi di sensi di colpa sono strettamente connessi, ma ci sono numerosi dati scientifici a riprova del fatto che si differenziano nettamente, anche su base neuroanatomica e funzionale. 

In particolare, il senso di colpa deontologico sembra attivare l’insula e la corteccia cingolata anteriore, aree connesse anche ad emozioni di disgusto ed auto-rimprovero; d’altro canto, il senso di colpa altruistico si associa ad un’attivazione delle aree prefrontali coinvolte anche nell’empatia e la comprensione della mente altrui.

Il peso dell’errore

Nella nostra quotidianità trasciniamo i sensi di colpa come fa Sisifo con il masso che è costretto a portare in cima alla montagna, lo stesso masso che ogni volta gli impedisce di raggiungere la vetta

Nella vita di ogni persona capita di fare degli errori, e di certo analizzare l’accaduto con superficialità non è il giusto approccio per cercare di comprenderlo profondamente, ma è altrettanto vero che non è corretto stigmatizzarlo. 

Siamo figli di una società che ci cresce insegnandoci che ogni errore è una sconfitta, che l’errore non deve far parte del nostro percorso, che tutti dobbiamo essere perfetti perché in fondo qualcuno ci riesce, e quindi… perché tu no? 

Viviamo ossessionati da ciò che abbiamo fatto pur non dovendo fare, e da ciò che avremmo dovuto fare ma non abbiamo fatto; e nell’oscillazione perenne tra questi due estremi logoranti, ci convinciamo di essere noi stessi un errore.

È proprio in questo momento che iniziamo ad auto-sabotarci con il perenne senso di colpa. 

È proprio in questo momento che arrivano i brutti pensieri, la depressione, i disturbi e una serie di elementi legati alla psicologia dell’errore. 

L’arte di sbagliare

Il senso di colpa non solo ci impedisce di essere consapevoli del nostro potenziale, ma ci porta ad accettare situazioni tossiche pensando di meritarle, come se avessimo una pena da espiare. 

Scivolare in questo circolo vizioso è così semplice che spesso neanche ce ne rendiamo conto, se non quando ormai il nero del senso di colpa ha imbrattato tutte le pareti della nostra persona, con disturbi e depressione. 

Schiacciati dal peso di tutti gli errori che non riusciamo né a comprendere né ad accettare, ci scordiamo chi siamo.

La verità è che fin da piccoli dovrebbero insegnarci a comprendere il valore dello sbaglio, che non è una sconfitta, ma la nascita di qualcosa di nuovo. 

Alla fine se Eva non avesse fatto l’errore di cogliere la mela noi non saremmo qui, giusto? Se Icaro non avesse provato a volare vicino al Sole con le sue ali di cera non avremmo neanche immaginato di poter camminare sulla Luna, se Colombo non avesse sbagliato i suoi calcoli non avremmo mai scoperto l’America. 

E quindi perché non emanciparsi da quel senso di colpa che ci tiene sempre ancorati al passato? 

Cosa ci impedisce veramente di cominciare a vivere nel presente? Di aprire gli occhi e vedere che dopo l’errore commesso la vita è andata avanti e la stiamo lasciando scivolare tra le nostre dita, senza renderci conto di tutte le opportunità che non stiamo sfruttando?

Panta rhei

Nessuno ci darà indietro il tempo che abbiamo perso a guardare il riflesso di un passato che non ci rappresenta più, ma possiamo scegliere di non lasciare che neanche più un secondo ci scorra tra le dita insieme al peso del senso di colpa.

Possiamo scegliere di vivere nel presente, lucidi, in ascolto, decisi ad aprire gli occhi e osservare il mondo, a prenderne parte attivamente per costruire un futuro luminoso.

Albert Camus scrive:

La vera generosità verso il futuro consiste nel donare tutto nel presente.

È proprio questo che intendo: doniamoci completamente alla vita giorno per giorno, non per cercare di essere perfetti, ma per cercare di essere la versione migliore di noi stessi, cioè quella che ci fa essere pieni di gratitudine e sempre in movimento.
Mai fermi.

Panta rhei, tutto scorre, e noi siamo nati per prendere parte a questo flusso, perché un errore non è la fine, perché nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.

E anche quando pensiamo che tutto si è perso e che non c’è rimedio, in realtà sta già nascendo una nuova opportunità.

Accettiamo gli errori, che senza di loro l’uomo non avrebbe conosciuto il progresso. Viviamo la nostra vita liberi dai sensi di colpa, vigili e proattivi nel prendere parte a questo mondo che corre veloce.

Vivere ancorati ai sensi di colpa ci impedisce di muoverci insieme al mondo di cui facciamo parte.

La gioia di una ragazza con le braccia alte al cielo di fronte al sole.

Accettarsi, comprendersi e perdonarsi:
tre passi per abbattere il senso di colpa

Una volta accettato che l’errore fa parte della nostra natura, possiamo cercare di comprenderlo.
Comprenderci è fondamentale per perdonarci.  

Perdonarsi vuol dire aggiungere una sfumatura nuova alla tavolozza di colori che fino a quel momento hanno fatto parte della nostra psiche, vuol dire volare molto più alto perché non hai più nulla che ti ancora a terra, nessun peso, nessun senso di colpa. 

A questo punto possiamo prendere coraggio e ricominciare a tinteggiare le pareti della nostra persona con i colori che avevano smesso di abitarla.

Basta immaginare che ad ogni respiro entri quella sfumatura che sa strapparci un po’ di stupore, ed esca un po’ di quel nero, di quel disturbo, di quel malessere che sembrava destinato ad abitarci per sempre. 

Dalla punta dei piedi fino alla nostra testa, immaginiamo di riempirci dei colori che più amiamo.

Torniamo ad essere liberi e a puntare in alto, perché il fallimento del passato non deve impedirci di raggiungere la vetta della montagna nel presente; perché è giusto essere presenti e aperti a tutte le possibilità del qui ed ora; perché in qualsiasi momento potrebbe caderci una mela in testa e rivelarci una nuova legge dell’universo come è stato per Newton, o un quadro al rovescio potrebbe portarci a stravolgere l’arte del nostro secolo come è stato per Kandinskij.

Coltivare la gentilezza verso noi stessi

Bisogna imparare a coltivare la gentilezza non solo nei confronti degli altri, ma anche di noi stessi. 

Quando cadiamo nei meccanismi di auto-sabotaggio, autocritica, autopunizione, disturbi e depressione, immaginiamo per un attimo di avere a che fare con i sensi di colpa di un amico: probabilmente ci approcceremmo a lui cercando di ricordargli che tutti sbagliano, che lo stimiamo, ricordandogli tutto il bello della sua vita e spronandolo a non focalizzarsi sull’errore ma su tutto ciò che fa bene ogni giorno. 

Facciamo lo stesso anche noi stessi

Per ridurre sensi di colpa e auto-sabotaggi è importante trattarci con rispetto e benevolenza, ridurre i livelli di stress, ritagliare del tempo per noi stessi e fare ciò che amiamo, coltivare i nostri hobby e le nostre passioni.

E se proprio non riusciamo?

Confidiamoci con un vero amico, saprà come aiutarci!

Il potere dell’Io per l’autorealizzazione

Il senso di colpa è un’emozione che dipende dalla nostra interazione con gli altri, dal nostro essere inseriti all’interno di una società.

Quando ci facciamo sopraffare dal pensiero del giudizio degli altri, quando ci sentiamo costantemente costretti a fingerci perfetti, felici, sempre al top, cerchiamo di ricordare che nella nostra vita non dobbiamo accontentare nessuno all’infuori di noi.

Nessuno all’infuori di noi stessi può conoscere la nostra felicità e tutto ciò che ci serve al fine di realizzarla è dentro noi stessi.

Ritroviamo i nostri obiettivi, ascoltiamoci e riscopriamo tutto il potenziale che si nasconde dietro alle nostre insicurezze, ai nostri sensi di colpa.

Sembra difficile, ma basterebbe dedicarsi ogni sera un momento di riflessione:

immaginare di mettere in pausa i pensieri negativi e fare spazio a quelli positivi; realizzare tutti i traguardi raggiunti, anche i più piccoli; pensare a ciò che realmente ci fa stare bene; focalizzarci solo su di noi e cercare di visualizzare il nostro potenziale.

Con il passare dei giorni ci renderemo conto del beneficio che porta una riflessione costruttiva e non distruttiva su noi stessi.

Coltiviamo la bellezza dentro e attorno a noi, sorridiamo e sorridiamoci, impariamo a perdonarci, perché solo in questo modo potremo crescere e costruire un solido percorso personale e lavorativo.

Prima di salutarci, vorrei lasciarti con una frase del Dalai Lama, sperando che possa tenere a mente che la semplicità non è mai banale e che dentro di noi c’è tutto ciò che è essenziale a costruire una vita di crescita e di soddisfazioni.

In altre parole, è solo il tuo “Io” che ti porterà verso l’autorealizzazione.

Questa è la mia semplice religione: non c’è bisogno di templi, non ci vogliono complicate filosofie. Il nostro cervello e il nostro cuore sono il tempio, la gentilezza è la filosofia.

Dalai Lama Xiv

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