di Federica Gagliardo
Tutti abbiamo dei limiti, perché siamo umani, giusto?
E allora: che ci facciamo con i nostri limiti?
Credo sia fondamentale, innanzitutto, fare chiarezza sulle diverse tipologie di limiti che incontriamo nella nostra vita.
In primis, (forse quelli più odiati dagli studenti delle superiori!) i limiti di funzioni matematiche!!
Chi è che non li odia???
Insieme a derivate e integrali per me costituivano (e costituiscono ancora, credo) i “demoni” degli ultimi due anni della scuola superiore…
Perdona la divagazione, ma davvero erano limiti per me, perché avevo difficoltà a comprendere questo argomento…
Esistono i limiti intesi come regole imposte, divieti..
Limiti come margini da non superare, come un recinto dal quale non si può uscire…
Poi ci sono i limiti fisici.
Quelli che fisicamente ti impediscono di fare qualcosa, tipo fischiare o schioccare le dita: sai che non tutti sanno farlo?
Tra questi ultimi ci sono i limiti “imposti” da una disabilità, che può essere congenita o acquisita.
Ovviamente questa categoria è a sé stante, perché ci sono limiti oggettivi, che non possono essere superati, ma devono essere aggirati.
Essendo disabile dalla nascita, ho dovuto ben presto fare i conti con i questi limiti ed ho dovuto, appunto, trovare il modo per aggirarli:
non riuscendo ad allacciare le stringhe delle scarpe devo optare per scarpe con la cerniera,
non posso indossare scarpe con i tacchi perché non riuscirei a camminare,
non riesco ad allacciarmi la cerniera dei giubbotti, quindi uso i bottoni…
Infine ci sono i limiti mentali, le cosiddette “convinzioni limitanti”, che ci creiamo noi, o che ci vengono inculcate dall’esterno fino a farle diventare parte di noi.
Ed è forse questa la tipologia di limiti peggiore…
Sono le convinzioni limitanti quelle che non ci permettono di trasformare i nostri desideri in obiettivi, quelle che ci fanno pensare di non essere capaci, di non essere all’altezza, che ci fanno temere il giudizio degli altri.
Le convinzioni limitanti non ci fanno uscire dalla nostra zona di comfort.
E’ necessario, dunque, trasformare le convinzioni limitanti in convinzioni potenzianti perché, come si suol dire, “SE VUOI PUOI”!
Fino a poche settimane fa, nonostante io me la sia cavata sempre in maniera più o meno autonoma, e abbia raggiunto più o meno tutti i miei obiettivi, non credevo fino in fondo a questa affermazione.
Eppure tutti i migliori formatori che ho seguito hanno sempre ripetuto questa frase…
Ho capito, in queste ultime settimane, che non avevo il “desiderio bruciante” di raggiungere un determinato obiettivo.
Alcuni obiettivi li ho raggiunti perché “era giusto”, perché dovevo farlo, o per dimostrare di essere come gli altri, ma non perchè lo volessi davvero.
Perché forse quegli obiettivi non erano miei.
Ripensandoci, in effetti, al contrario, gli obiettivi che ho sentito davvero miei li ho raggiunti lottando con le unghie e con i denti.
Da quasi un mese, ho un obiettivo da raggiungere.
Lo sto visualizzando nella mente e nel cuore, come un sogno che sembra reale.
Sogno che sarò su un palco di un evento di crescita personale, fra non molti giorni, a raccontare la mia storia.
Sogno che indosserò il mio tailleur blu, con la camicia bianca.
Sogno che indosserò le scarpe e i gioielli che indossavo il giorno del mio matrimonio, avvenuto tre anni e mezzo fa.
Sogno il trucco e il parrucco. Prima di salire sul palco dovrò avere i capelli in ordine, e per questo prenoterò un appuntamento da un parrucchiere.
A questo punto una vocina nella mia mente potrebbe svegliarmi dal mio sogno, urlando:
“Ma che vorresti fare tu? Cosa credi? Credi di essere migliore degli altri? Credi di avere talento? Credi di poter ispirare qualcuno? Guarda che ci sono persone che davvero hanno fatto grandi cose, che davvero hanno ispirato al cambiamento, ma tu non sarai mai una di loro!”
Probabilmente, tempo fa le avrei risposto che aveva ragione, e avrei smesso di lavorare al raggiungimento del mio obiettivo, ma adesso no.
Adesso no.
Adesso la ringrazierei di essersi preoccupata di disilludermi, che sono sicura che abbia detto quelle cose per il mio bene, perché ha paura che possa farmi male fuori dal recinto, e le direi che ho bisogno di seguire il mio sogno, perché voglio fare qualcosa di buono e bello nella mia vita, perché non posso e non voglio vivere una vita mediocre, e perché so di essere destinata a fare qualcosa di grande.
A questo punto la vocina nella mia mente tenterebbe di ribattere: “E se fallisci?”
“Se fallisco ci riprovo. Prima cerco di capire dove ho sbagliato, aggiusto il tiro, e ci riprovo. Ci riprovo e ci riprovo.”
Se dopo qualche volta non raggiungo il mio obiettivo, vuol dire che non è quella la mia strada. Non posso negare che ci resterò male, ma ci sono tanti altri obiettivi da raggiungere, che forse bruceranno ancora più di questo.
Concludendo, credo sia importante, in prima battuta, accogliere i propri limiti, ma non passivamente.
A volte i limiti sono utili per farci capire fino a che punto possiamo spingerci, e in tal caso è necessario accettarli tout court.
Altre volte, siamo noi stessi a porceli, raccontandoci scuse per non uscire dalla nostra zona di comfort.
Altre volte ancora, possiamo tentare di superarli, anche chiedendo aiuto agli altri.
Io ho attraversato tutte queste fasi, ma col tempo ho capito che è necessario un equilibrio tra il tentativo di superare i limiti per poter migliorare, ed accettarli per poter percorrere altre strade, che magari non avevamo preso in considerazione e che possono essere più soddisfacenti di quello che potevamo pensare.
Federica Gagliardo